Strange SCOTTISH Story
5 agosto 2010
- Hou. - Dì.
- Mò. Vìn dò!
- Dì.
- Assapr u risòtt. Com jè?
- Jè teust!
- Ù sàcc ca jè teust! U sapòr mà
dì.
- Jè bbòn.
- Eee!
- Mè, vattèèn mà. - Va fè l' bcchìn! - Màmt!
cucina
ristorante
risotto
| inviato da D.M.T. il 5/8/2010 alle 11:19 | |
26 luglio 2010
Lei “Guarda un po’ questa idea di porre il soggetto in tela, sul lato sinistro della prospettiva, quasi a raffigurare una simbolica morte in atto” Lui Muto.
Lei “Nota invece la messa in proporzione assolutamente micro prodotta. Il fatto che sia contestualizzata in una cornice così piccola, non ti dà l’impressione che il soggetto ritratto sia pronto ad un imminente collasso?” Lui Muto.
Lui: Scomposto, per terra, con una matita e un foglio, a riproporre sghembe interpretazioni più vicine alla sua fantasia che al ritratto in sé. Lei: “Ma lo sai che a tratti mi ricordi Chagalle, con quel tuo rotatorio pennellare, ipotetiche figure astratte? Lui: Ovviamente, muto.
Lei: Signora fricchettona sulla cinquantina. Lui: Bimbetto con al massimo sei anni. Noialtri, dal profondo del cuore: “ Sgnò, accòm chezz va crèsc stà creatour?”
arte
ritratti
| inviato da D.M.T. il 26/7/2010 alle 17:2 | |
30 giugno 2010

- Jorjo, are you ok? - Yes, Aziz. I’m Ok. Thanks. - Are you fine? Ok, Jorjo. Ok!
- Have you eaten Jorjo? - Yes, Aziz. Thank you so much. I’ve eaten pasta before to start. - Smashing Jorjo!
Dopo 30 secondi.
- Figa, figa, figa, figa Jorjo. Look outside! Bella figa, Jorjo. Do you like Jorjo? - Yes, Aziz. I do. - Smashing Jorjo! Absolutely smashing Jorjo!
ristorante
smashing
figa
aziz
| inviato da D.M.T. il 30/6/2010 alle 2:50 | |
16 giugno 2010
Le cucine dei ristoranti sono un vorticoso e spasmodico mondo che inducono a fraternizzare con il pensiero marxista, il movimento metalmeccanico, le contestazioni della classe lavoratrice contro i poteri forti e Mimì Metallurgico. Spesso, a Goffredo ( per maggiori informazioni si guardi la rubrica tematica del blog) capita di lucidare sino alla soglia del luccichio centinaia e centinaia e centinaia di posate al giorno, con acqua calda ed aceto Ponti. Dal suo piccolo lavoro quindi, dipende la prima impressione che il cliente avrà appena sedutosi. Dopo questa premessa socialista però è bene introdurre il dueteragonista, senza il quale sarà impossibile arrivare alla fine del post. Aziz, per l’appunto, pizzaiolo marocchino, briccone e birbante, qualche mese fa per puro vezzo, cominciò nella cucina in cui lavorava e tuttora lavora, ad appellare qualsiasi uomo, qualsiasi donna, qualsiasi oggetto e qualsiasi ingrediente: Gioggio. “ Gioggio, give me the mushrooms!” “ Do you have a Gioggio in your fridge?” Gioggio.Gioggio. Gioggio. Ovviamente, da questo scherzetto del vecchio Aziz, si evolsero e presero forma vere e proprie espressioni lessicali, che dopo mesi ancora persistono e godono di ottima salute nel criptico linguaggio interno del ristorante. La più in voga è la seguente; spesso recitata da Jack, aiuto cuoco polacco e Moses, lavapiatti ivoriano rubato alla boxe. Jack (o chi per lui) : Easy Gioggio. Easy! Moses(o chi per lui): Burubucazzo Gioggio!
Sulla natura fonetica e semantica di questa espressione, Goffredo non ha nulla da eccepire, anzi, non può che esprimere la massima ilarità e il massimo sostegno. Non può avere lo stesso fervido slancio però, quando a causa della magica formula è costretto a girarsi verso l’interlocutore, credendo di ricevere una domanda a lui rivolta e ascoltando invece da qualche parte in cucina, solo una risposta che inizierà con Burubucazzo. Gioggio.
ristoranti
giorgio
cucine
| inviato da D.M.T. il 16/6/2010 alle 19:9 | |
7 giugno 2010
Il narratore decide di scrivere questo pezzo quando, alle 3:09 ( orario locale) di una domenica di giugno, un ragazzo del palazzo di fronte prende la chitarra in mano e inizia a suonare pregevoli canzoncine armoniose. Spero che i lettori prima o poi possano testimoniare riconoscenza al musico in penombra. Glasgow è strana. E diversa. Si sente che rispetto a tutte le altre città, a tutti gli aeroporti che hai visto e dove hai solcato file e file di check-in è una cosa a parte. L’aria che si respira non è la stessa, cosi come i poliziotti che ti aspettano prima dell’accesso al carrello dei bagagli, chiedendoti il passaporto e cosa sei venuto a fare. A Bari tutti risponderebbero: Fètt i stracazzecc tou! AGlasgow ci sono dei gabbiani, talmente grandi e fastidiosi che somigliano ad avvoltoi subsahariani; invece delle carogne però avvistano e divorano cheeseburger e patatine fritte. Marcano il territorio facendo sibilare delle possenti cacate aria terra con annesso sciocco: splaf. Colui che scrive inoltre, teme che questi mostri snaturati abbiano un particolare feeling per il suo giubbotto a quadri, giallo e verde, o che mirino a sbranarlo senza preavviso planando in picchiata. Ogni volta che il narratore entra/esce di casa infatti, sinistri richiami echeggiano dalla guglia del parking car. Appare evidente per concludere che Uccelli di Hitchcock abbia turbato non pochi cervelli. A Glasgow non conviene chiedere informazioni alle persone con più di cinquanta anni. Ma non perché loro non siano disponibili, tutt’altro. Semplicemente perché chi le ascolta non capirà. Anche con tutta la volontà e l’impegno possibile. Si è costretti nuovamente a saggiare il proprio senso dell’orientamento in barba ai segni e ai gesti che i cortesi locali si sono prodigati a darti. Infine, nonostante l’atipicità intrinseca della città, inserita in un contesto nazionale storicamente e fieramente eterogeneo, anche Glasgow non è immune dagli indiani (pellerossa) che cantano canzoni in playback con flauti truffaldini. E anche a Glasgow la gente si ostina a comprare i cd. Mentre l’alba viene a riscuotere quanto di suo possesso il musico in penombra continua con i suoi giri in la minore. Con tutti il rispetto e l’amicizia per l’alba però, sarebbe opportuno coricarsi.
scozia
glasgow
| inviato da D.M.T. il 7/6/2010 alle 13:20 | |
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